I Bretti

Intorno alla metà del IV secolo a.C. i Brettii (BPETTION) che rappresentavano «una moltitudine formata da persone di varia provenienza, per la maggior parte servi fuggiaschi» [DIODORO], raggiunsero una «precisa fisionomia politica» conquistando alcune città della Magna Grecia quali Terina, Hipponion, Thurio. Un altro autore antico, sottolinea l’origine lucana dei Brettii, da cui si sarebbero divisi, raggiungendo un ethnos autonomo ed indipendente [GIUSTINO-TROGO].
Tra la fine del IV secolo a.C. ed il primo trentennio del III secolo a.C. nei luoghi dell’antico centro protostorico «si assiste alla vera e propria nascita di un centro urbano» [SPADEA], che raggiunse un livello elevato, come attestano i pregevoli reperti archeologici rinvenuti fra cui un elmo bronzeo rinvenuto nei pressi della S.S. 19 dir. attualmente il reperto è conservato presso il museo provinciale di Catanzaro. Il ritrovamento dell’elmo e di altre armature da parata suggerisce già l’esistenza di una società strutturata gerarchicamente alla cui testa stanno i guerrieri, ciò nonostante il centro urbano vero e proprio nasce solamente tra la fine del IV e il primo trentennio del III secolo a.C. Si tratta di una serie di piccoli nuclei abitativi ognuno dotato della propria necropoli. Queste ultime infatti circondano l’attuale centro abitativo di Tiriolo.

Ancora tra IV-III secolo a.C., nella zona del vecchio Campo sportivo, si sviluppa l’area che si suppone essere stata il centro della vita pubblica. Già in passato gli archeologi hanno qui rinvenuto frammenti di capitelli dorici e monete non ultimate, il che suggerirebbe la presenza della zecca e, di conseguenza, l’importanza di Tiriolo all’interno della confederazione brettia; recentemente infatti, nella stesso sito è venuto alla luce il cosiddetto “Palazzo dei delfini”, un edificio di grandi dimensioni risalente al IV-III secolo a. C. All’interno dell’edificio un lungo corridoio separa due serie di stanze: sul lato ovest una stanza pavimentata in cocciopesto con un riquadro centrale raffigurante due delfini ed un pesce ancora non identificato, ambiente cui l’accesso era dato da una grande porta monumentale, sul lato orientale troviamo invece una prima stanza la cui pavimentazione in cocciopesto è decorata con motivi geometrici ed un secondo ambiente che è un grande atrio-vasca. Importante è il ritrovamento dei capitelli risparmiati dall’incendio che ha distrutto l’edificio. Si tratta di capitelli in pietra dipinti in rosso e nero,con una decorazione a palmetta. L’altro ritrovamento importante è il tesoretto di monete d’argento puniche e i tre gruzzoli di monete brettie di bronzo, monete in parte perdute ed in parte occultate. In effetti, dopo la seconda guerra punica che vede Roma trionfare sul dux cartaginese Annibale e sui suoi alleati bretti, i romani iniziano a ritirare sia la moneta punica che quella brettia dai territori assoggettati.
Numerose monete brettie sono esposte nell’Antiquarium. Su di esse sono ritratti prevalentemente gli dei facenti parte del pantheon greco, per cui vi troviamo ritratti Poseidone, Teti, i Dioscuri, la Nike.
Nei pressi del palazzo si suppone, inoltre, la presenza di un tribunale: a suggerirlo è il ritrovamento di una laminetta di defissione. Si tratta di una laminetta di piombo su cui è incisa una maledizione le cui “vittime” sono dei giudici, rei di aver favorito una donna durante un processo. La laminetta, risalente al IV secolo, utilizza l’alfabeto greco, segno questo di rapporti stranamente pacifici tra i Greci della costa e i Bretti dell’interno: in effetti nella seconda metà del III secolo a.C. è verosimile si sia giunti ad un processo di «agglutinamento ellenico» [LEPORE] delle popolazioni Brettie che assunsero abitudini e strutture grafico-linguistiche greche.
Tracce di fortificazione compaiono sul monte Tiriolo e sul Timpone Vala.