Liuteria

Da vent’anni a questa parte a Tiriolo si è ripresa la produzione degli strumenti musicali tradizionali. Nelle botteghe artigiane oggi sono esposti alcuni tipi di zampogna, di chitarre battenti, lire, tamburelli, nacchere ecc.
Si tratta di strumenti in legno costruiti artigianalmente rispettando la tradizione,tanto che alcuni di essi sono costruiti interamente a mano, senza l’uso del tornio: è il caso della zampogna, arrivata in Calabria con gli albanesi, e che oggi ha 600 anni.
Esistono diversi tipi di zampogna, quella tipicamente tiriolese è la sordolina fatta in legno di erica e pelle di capra, cui si aggiungono delle nappe decorative.
La lira invece proviene probabilmente da Bisanzio, è più antica, infatti arriva in Calabria intorno all’anno 1000.
Antenata del violino, della viola e del violoncello, essa può essere di due tipi a seconda della forma: a pera o a “lanceddra”, quest’ultima così definita perché richiama la forma di un particolare contenitore dell’acqua.
Peculiare è la chitarra battente. Dal nome è facile intuire il modo in cui si suona questo strumento: la tecnica “a strappi e a botte” prevede che, come in una chitarra normale, la mano percuota le corde, e, inoltre, batta sulla cassa armonica.
Esistono due tipi di chitarra battente, a fondo bombato e a fondo piatto. La prima è barocca, la seconda, invece, francese.
Non possono mancare i tamburelli, tanto importanti, insieme alla chitarra battente, nella musica tradizionale. Costituiti da un telaio in legno e pelle di capra, essi producono suoni diversi in base alle dimensioni, tanto che, con il passare del tempo, si sono adattati ad accompagnare anche la zampogna senza coprirne il suono.
Si capisce bene che anche gli strumenti musicali testimoniano la storia millenaria di Tiriolo, una storia che ha visto il paese entrare in contatto con l’oriente greco, la Francia, la Spagna (le nacchere), e che poi ha riadattato tutte queste influenze, questi stimoli, alle sue corde, arricchendosi culturalmente.
Gli strumenti descritti accompagnavano canti e danze. I canti si riferivano al lavoro, all’ambiente, ai rapporti familiari, si cantava la speranza, l’amore, si cantava per rabbia, si cantava contro l’oppressione.
Il tema più ricorrente è quello dell’amore: al centro di tutto c’è la donna. I testi più struggenti sono quelli che nascono laddove la donna è nascosta, oppressa dalla gelosia della famiglia.
Quando tuttavia la donna rifiutava il corteggiamento, si trasformava da “colomba”, “perla”, “rosa” in “gatta” : decisa a convincere l’innamorato a lasciarla in pace, anche la donna componeva le proprie canzoni, ed in esse offendeva il ragazzo, sono i “canti di sdegno”.
Anche i più piccoli avevano delle loro “poesie”: dalle ninnananne cantate dalle nonne, alle filastrocche.
Le “strine” si organizzavano nel periodo natalizio: gli “strinari” andavano di casa in casa a suonare e raccogliere doni.
Anche oggi, nel periodo natalizio, la mattina presto si sentono gli “strinari” passare per le vie del paese, tuttavia è una strina solo suonata, inoltre non sono più i musicisti a bussare alla porta, ma sono gli abitanti di Tiriolo ad accoglierli in casa e ad offrire loro qualcosa da mangiare per ringraziarli.
L’attività principale di alcune botteghe artigiane rimane però la tessitura con il telaio a mano che ancora oggi, come nel passato viene utilizzato per confezionare “vancali, pezzare, tele, da corredo ecc.” Di quest’arte che agli inizi del novecento contava centinaia di operatrici, se ne osserva il lento ed inesorabile declino, accentuato dall’indifferenza e dalla disattenzione delle nuove generazioni, poiché tale attività viene considerata superata e sinonimo di arretratezza.

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